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Intervista alla prof.ssa Despalj


Prima di iniziare con la vera intervista, poiché fin da subito lei si è mostrata

disponibile alla realizzazione del progetto, cosa ne pensa?

"Ne sono felicissima, quando dei ragazzi si impegnano in progetti del genere

significa che vogliono andare oltre ciò che normalmente hanno, si mettono in gioco,

e questo mi fa enormemente piacere. Sono felice e propensa ad aiutarvi lì dove

serve."


Le capita mai di rispecchiarsi in qualche suo alunno?

"Sì, sempre, ogni giorno, in ogni momento. Se non facessi così forse non potrei fare

l'insegnante, cerco sempre di mettermi nei panni dei miei alunni, forse perché mi

sento ancora un po' tale, ma soprattutto perché se davvero vogliamo capire cosa

succede oltre la cattedra dobbiamo immedesimarci nei nostri ragazzi."


Ha sempre voluto fare la professoressa?

"Decisamente no. Da ragazza avevo altri progetti, ero partita con il voler lavorare nel

mondo dello sport ma un incidente ha posto fine a questa mia prima ambizione.

Sono partita come interprete parlamentare ma per amore ho rinunciato; il lavoro in

ambito scolastico inizialmente è stato quindi un ripiego, ma poi ho scoperto che in

realtà mi appassiona tanto."


Che scuola ha frequentato?

"Come liceo ho scelto il classico, per poi proseguire il mio percorso di studi

frequentando l'Istituto Orientale a Napoli."

Ma adesso direi di dare spazio a episodi di tipica ribellione adolescenziale…


Ha mai "odiato" un professore o ritenuto di essere stata presa in antipatia da un

suo docente?

"Iniziamo con il dire che i miei anni di liceo sono stati caratterizzati da una mancanza

di empatia da parte dei docenti nei confronti degli alunni, era un rapporto legato per

la maggior parte dei casi al nozionismo puro. Erano davvero pochi i professori che

riuscivano a creare un bel rapporto con noi alunni.

Tra tutti però si distingueva il mio professore d’italiano e latino, ci chiamava

madamigelle e già questo fa capire con quale rispetto si poneva nei nostri confronti.

Ricordo però anche il mio insegnante di filosofia il quale, convinto che le donne non

fossero in grado di comprendere la materia, non era particolarmente apprezzato ."


Ha mai fatto filone?

"Decisamente si. I miei filoni erano legati al professore di filosofia, aveva un metodo

d'insegnamento davvero particolare! Iniziava a spiegare a settembre per poi finire a

dicembre, interrogando a gennaio. Le interrogazioni presentavano quindi un

programma davvero vasto e, naturalmente, quasi nessuno tra noi ragazzi riusciva a

studiare costantemente, ritrovandosi così con molte pagine arretrate e a quel punto

il filone era inevitabile.

Ma per il resto a scuola ci andavo con piacere."


È mai stata rimandata o bocciata?

"Si, ero politicamente molto impegnata quando frequentavo il ginnasio (l'attuale

biennio del liceo classico) e proprio durante quei due anni ho avuto la sfortuna di

avere come insegnante di matematica la stessa di mia sorella, frequentante il liceo

scientifico. Non sono mai stata una cima in questa materia e non tolleravo quindi i

continui paragoni che la professoressa era solita fare tra me e lei. Stufata dai

continui confronti, in seguito ad una lite, le lanciai il libro della sua stessa materia

dietro. Questo gesto comportò un 7 in condotta ed un 3 in matematica a fine anno.

Ad oggi riconosco di aver sbagliato e di non essere stata d' esempio, ma per fortuna

mio padre capii che questo mio atteggiamento era stato frutto di continue

umiliazioni.


A che età la prima cotta?

"La prima cotta importante tra i 13 e i 14 anni, età in cui ho dato anche il mio primo

vero bacio."


Qual è la canzone che le ricorda il periodo della sua adolescenza?

"Ce ne sono tante, le canzoni di Battisti sicuramente assieme a quelle di Diana Ross,

molte erano invece canzoni da discoteca … dipendeva molto dal momento."


Le è mai capitato di non sentirsi all'altezza, di essere insicura o di aver avuto paura

di un ostacolo troppo alto?

"Molto spesso mi metto in discussione, supero il tutto affrontandolo e mettendomi

alla prova, cercando dentro di me la forza per superare questi momenti"…


… spesso ci si mette in discussione, in particolar modo durante l'adolescenza, ciò

comporta un proporzionale incremento o calo della considerazione che si ha di sé.


ree

Prima di poter sviluppare questa tematica è necessario cogliere il significato più

profondo che si cela dietro la parola autostima.

"Autostima: Considerazione che un individuo ha di sé stesso. L'autovalutazione che è alla base di essa può manifestarsi come sopravvalutazione o come sottovalutazione

a seconda della considerazione che ciascuno può avere di sé, rispetto agli altri o alla

situazione in cui si trova. Di norma viene meno negli stati di depressione, mentre si

rafforza negli stati maniacali."

Chiarito il concetto nella sua più intima accezione, possiamo entrare nel vivo della

faccenda.

La malattia di questo secolo? La mancanza di autostima.

L'assenza di autostima è, certamente, una condizione intrinseca alla natura umana.

È un qualcosa che accomuna noi tutti, dalla fanciullezza sino alla completa maturità.

I protagonisti indiscussi, tuttavia, rimangono gli adolescenti. È da sempre noto che

l'adolescenza sia il periodo più ricco della vita di un uomo, racchiudente esperienze

felici e, talvolta, sconfortanti.

È risaputo che i giovani alternino fasi morbosamente positive a fasi estremamente

negative. La continua alternanza di stati d'animo, tra essi divergenti, infiamma

l'indole degli adolescenti, sfociando in un'oscillante debolezza.

Questo malessere, senz'altro peculiare, è esasperato dalla mancanza di sensibilità da

parte degli adulti nei confronti dei più giovani. Infatti, troppo spesso, essi si

rivolgono agli adolescenti senza pesare in maniera adeguata le parole.

Parallelamente, nell'angosciata psiche adolescenziale, infuria una distorta visione di

ciò che si è rispetto al modo in cui si appare. Da ciò ha origine un costante stato di

incertezza, lo stadio più avanzato dell'insicurezza. La prima si differenzia dalla

seconda per la connotazione negativa che assume. Mentre l'insicurezza permette di

spingersi oltre i propri limiti, e quindi migliorarsi, l'incertezza invece è il più vile tra i

fantasmi della nostra mente, ci afferra e ci incatena e ci ancora, rendendoci

fermamente soggiogati ai nostri demoni.

'Non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare’.

Frase di Lucio Anneo Seneca (il Giovane), concretizza perfettamente la situazione di

chi brancola nel buio dell'incertezza, di chi ha la vista offuscata dai propri timori. Ma

è necessario intraprendere un cammino con un obiettivo preciso o è possibile

cambiare rotta in itinere?


Seneca ritiene che sia fondamentale non lasciarsi travolgere dal mare tempestoso

quale diventa la nostra essenza, impigliata in mille esche fasulle. L'unico modo per

riemergere alle spiagge sfavillanti della ragione è di appigliarsi a solidi scogli eretti

sulle nostre certezze . Per giungere a queste porose rocce il cammino, seppur

virtuoso, è a tratti ingannevole. Il segreto sta nel discernere cosa realmente si vuole,

abbandonando la paura di affrontare le onde più alte, entrandoci a capofitto, non

accontentandosi, quindi, della schiuma che esse originano. In sintesi per riaffiorare

dall'incertezza occorre scavare a fondo in se stessi, non avendo paura di scoprire chi

davvero si è. È quindi questa l'unica via per razionalizzare i propri timori così da

schiarirsi la vista .

Acquisita una limpida visione vinco ora i miei spettri , ridimensiono le mie

inquietudini così che possa essere io a servirmi di loro.

"È quindi l'insicurezza che sprona gli uomini alle grandi imprese" - Thomas Bernhard


Intervista di Martina Lupi.

Articolo di Anna Nacchia e Nicolò Romanelli.



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